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Il fotografo come professione
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Il fotografo come professione
Il 27 Agosto 2011 un link viene condiviso da numerosi utenti Twitter della comunità fotografica globale. L'indirizzo rimanda ad un post sul blog di Tony Sleep, fotografo inglese di lunga esperienza, che affronta - con toni decisi ed in prima persona - il problema del lavoro a costo zero, attaccando senza mezzi termini chiunque offra e fornisca servizi gratuiti in ambito fotografico. Professionisti da ogni parte del mondo hanno dimostrato la propria solidarietà e Tony ha gentilmente acconsentito alla traduzione e alla condivisione in diverse lingue dell'articolo per cercare di sensibilizzare colleghi, clienti e pubblico verso un problema diffusissimo, che sta distruggendo il mercato della fotografia (e non soltanto) ad ogni livello.
We Have No Budget for Photos
di Tony Sleep
Ogni settimana, ricevo in media un paio di proposte di lavoro da parte di gente che “non ha soldi” per pagare le mie foto. Case editrici, riviste, giornali, organizzazioni, aziende affermate o appena avviate: tutti pensano che la fotografia non costi niente, o peggio che mi stiano facendo un favore ad offrirmi di pubblicare il mio lavoro offrendo come compenso di aggiungere il mio nome qui o là.
Ho smesso di rispondere a queste richieste personalmente e linko semplicemente al seguente testo.
Allora, mettiamo le cose in chiaro. “Non abbiamo un budget per le fotografie” significa in realtà: “Pensiamo che i fotografi siano dei coglioni”.
Questa interpretazione potrà forse sembrarvi offensiva, ma possiamo facilmente verificarla con un esperimento: provate ad entrare in un ristorante della vostra città dicendo garbatamente “vorrei mangiare qui, ma non ho previsto un budget per pagarvi”. Aggiungere che in cambio farete pubblicità presso tutti i vostri amici non impedirà al proprietario di sbattervi cortesemente fuori a calci.
Ora, immaginate di essere voi stessi i proprietari di un ristorante dove la maggior parte degli avventori provano a cenare gratis con questa tecnica. La risposta è NO, volendo essere esageratamente gentili.
E se in realtà “non abbiamo un budget” era solo una strategia per tastare il terreno, la risposta è sempre e comunque NO. Non voglio avere niente a che fare con degli avidi opportunisti che vorrebbero imbastire una relazione professionale mentendo sin dall'inizio. Avete già dimostrato di non meritare fiducia, dunque mi date anche ragione di pensare che non sarete onesti sullo sfruttamento delle immagini e che comunque farete di tutto per non pagare un euro.
Se invece siete di quelli che promettono un sacco di lavoro meglio pagato più avanti se io accetto di aiutarvi a costo zero adesso, ottimo, ci sto, offritemi un contratto. Altrimenti per quanto mi riguarda le vostre sono tutte stronzate e la risposta è NO.
Anche perché, vedete, non me ne frega niente di “farmi conoscere” regalandovi il mio lavoro. Quello che voglio è invece un rapporto professionale di mutua collaborazione e beneficio. Da parte mia cerco di offrire la massima onestà ed integrità professionale e mi aspetto che i miei clienti facciano lo stesso con me. “Farsi conoscere” è la naturale conseguenza di un lavoro ben fatto, non un mezzo per ottenere qualcosa e lo stesso vale per il mio nome pubblicato insieme al mio lavoro: è una prassi, nonché indice di correttezza. Al contrario, di guadagnarmi applausi lavorando come un dilettante non me ne frega niente. Se avere un prodotto gratis è più importante di avere un prodotto di qualità, chiedete pure a qualcun altro.
Come la maggior parte delle persone, anch'io lavoro per pagarmi le bollette e mandare avanti la mia professione e la mia famiglia. Il fatto che io ami quello che faccio è semplicemente la ragione per cui sono quarant'anni che mi impegno al massimo nonostante le difficoltà: se pensate di avere il diritto di mancare di rispetto alla mia professionalità in virtù di questo, vi sbagliate di grosso.
Perciò non vi sorprendete se scelgo di non aiutare dei parassiti che guadagnano, o pretendono di farlo, sfruttando il lavoro dei fotografi – e anche il mio – fino al midollo. Con alcune rare eccezioni (piccole associazioni veramente no profit, mandate avanti da volontari) sono io che questa volta non ho previsto un budget per rendere le imprese degli altri più redditizie: già far quadrare i miei bilanci non è cosa da poco, vista anche questa recente tendenza a far passare lo “sfruttamento” come “un'incredibile opportunità”.
Il mio sostegno lo garantisco volentieri quando posso, attraverso piccole donazioni ad organizzazioni che ritengo di voler aiutare o semplicemente offrendo un pranzo ad un senzatetto. Vi assicuro inoltre che quando lavoro per onlus e associazioni, lo faccio a tassi agevolati. Penso di essere una persona onesta, generosa e gentile, ma mi sento di non fare l'elemosina a degli accattoni stipendiati che mi chiedono di riempirgli le tasche con soldi a manciate. Mi fanno incazzare. Specialmente quando mi insultano dicendo che si, il mio è proprio un bel lavoro, però non lo pagherebbero un cent.
Ho avuto delle conversazioni esilaranti con un sacco di gente che, a quanto pare, pensa che delle buone immagini siano solo il frutto di circostanze fortunate e che dunque sia loro diritto averle a costo zero, semplicemente perché gli elettroni non hanno ancora un preciso valore di mercato. Come la volta in cui incontrai la manager di un'importante organizzazione inglese (con un utile dichiarato di oltre 3 milioni di sterline). La signora mi spiegava quanto tenesse a pubblicare più foto possibile sul sito internet del gruppo di cui era a capo: i visitatori le trovavano infatti più efficaci ed immediate dei testi (prodotti per altro da uno specifico team di scrittori retribuiti). Dunque l'importanza delle foto era fuori discussione. Ma, forse, sarebbe stato anche il caso di pagarle: magari usando una parte del budget annuo di 160.000 sterline che la suddetta organizzazione destinava ai contenuti web (di nuovo, ho controllato le cifre dichiarate, disponibili online). La signora proprio non riusciva a capire che la foto che aveva davanti e che avrebbe tanto voluto pubblicare esisteva solo perché io avevo investito tempo, denaro e lavoro nel crearla. “Ma tutti i fotografi di solito sono ben felici di lasciarci pubblicare le loro immagini gratuitamente” mi spiegava. Non credo proprio lo siano, probabilmente hanno solo omesso di dare un'occhiata alle solite cifre che dicevo sopra: se lo avessero fatto si sarebbero accorti che lei guadagnava qualcosa come 66.000 sterline l'anno (circa €74.000 al cambio attuale, ndr) – giusto qualche soldo in più della retribuzione zero che invece offriva in cambio delle immagini.
E' chiaro che soltanto i fotografi amatoriali possono permettersi di fornire servizi senza ricevere un compenso: la fotografia non è per loro una fonte di reddito. Fanno altri lavori, hanno una pensione, guadagnano in altro modo, sono dei romantici con tendenze suicide – non mi interessa. Io no. L'atteggiamento di far guerra ai professionisti per farsi belli è profondamente egoista e ha conseguenze disastrose: distrugge la fotografia come mestiere, come rispettabile fonte di guadagno per la vita.
Ecco, questa è gente vanitosa e piena di sé e davvero si accontenta di lavorare in cambio del proprio nome scritto accanto ad un'immagine: se è tutto ciò che avete da offrire, chiamate pure uno di loro. In alternativa, avete a disposizione una folta schiera di studenti e neolaureati da sfruttare – sono disperati ed inesperti, vi consiglio di cogliere al volo la ghiotta occasione di risparmiare qualche soldo e peggiorare di un altro po' le loro già precarie condizioni economiche.
Tutto questo significa che forse non riuscirete a procurarvi le immagini che volete a costo zero? Beh, benvenuti nel mondo, è dura. A me non danno certo macchine fotografiche, computer, programmi, benzina, una casa e da mangiare senza spendere un euro. La fotografia è facile ed economica no? Allora prendete una macchina fotografica e scattatevele da soli le vostre stupide foto.
E se dopo aver letto vi sentite offesi, probabilmente è perché almeno una volta, ci avete provato anche voi.
We Have No Budget for Photos
di Tony Sleep
Ogni settimana, ricevo in media un paio di proposte di lavoro da parte di gente che “non ha soldi” per pagare le mie foto. Case editrici, riviste, giornali, organizzazioni, aziende affermate o appena avviate: tutti pensano che la fotografia non costi niente, o peggio che mi stiano facendo un favore ad offrirmi di pubblicare il mio lavoro offrendo come compenso di aggiungere il mio nome qui o là.
Ho smesso di rispondere a queste richieste personalmente e linko semplicemente al seguente testo.
Allora, mettiamo le cose in chiaro. “Non abbiamo un budget per le fotografie” significa in realtà: “Pensiamo che i fotografi siano dei coglioni”.
Questa interpretazione potrà forse sembrarvi offensiva, ma possiamo facilmente verificarla con un esperimento: provate ad entrare in un ristorante della vostra città dicendo garbatamente “vorrei mangiare qui, ma non ho previsto un budget per pagarvi”. Aggiungere che in cambio farete pubblicità presso tutti i vostri amici non impedirà al proprietario di sbattervi cortesemente fuori a calci.
Ora, immaginate di essere voi stessi i proprietari di un ristorante dove la maggior parte degli avventori provano a cenare gratis con questa tecnica. La risposta è NO, volendo essere esageratamente gentili.
E se in realtà “non abbiamo un budget” era solo una strategia per tastare il terreno, la risposta è sempre e comunque NO. Non voglio avere niente a che fare con degli avidi opportunisti che vorrebbero imbastire una relazione professionale mentendo sin dall'inizio. Avete già dimostrato di non meritare fiducia, dunque mi date anche ragione di pensare che non sarete onesti sullo sfruttamento delle immagini e che comunque farete di tutto per non pagare un euro.
Se invece siete di quelli che promettono un sacco di lavoro meglio pagato più avanti se io accetto di aiutarvi a costo zero adesso, ottimo, ci sto, offritemi un contratto. Altrimenti per quanto mi riguarda le vostre sono tutte stronzate e la risposta è NO.
Anche perché, vedete, non me ne frega niente di “farmi conoscere” regalandovi il mio lavoro. Quello che voglio è invece un rapporto professionale di mutua collaborazione e beneficio. Da parte mia cerco di offrire la massima onestà ed integrità professionale e mi aspetto che i miei clienti facciano lo stesso con me. “Farsi conoscere” è la naturale conseguenza di un lavoro ben fatto, non un mezzo per ottenere qualcosa e lo stesso vale per il mio nome pubblicato insieme al mio lavoro: è una prassi, nonché indice di correttezza. Al contrario, di guadagnarmi applausi lavorando come un dilettante non me ne frega niente. Se avere un prodotto gratis è più importante di avere un prodotto di qualità, chiedete pure a qualcun altro.
Come la maggior parte delle persone, anch'io lavoro per pagarmi le bollette e mandare avanti la mia professione e la mia famiglia. Il fatto che io ami quello che faccio è semplicemente la ragione per cui sono quarant'anni che mi impegno al massimo nonostante le difficoltà: se pensate di avere il diritto di mancare di rispetto alla mia professionalità in virtù di questo, vi sbagliate di grosso.
Perciò non vi sorprendete se scelgo di non aiutare dei parassiti che guadagnano, o pretendono di farlo, sfruttando il lavoro dei fotografi – e anche il mio – fino al midollo. Con alcune rare eccezioni (piccole associazioni veramente no profit, mandate avanti da volontari) sono io che questa volta non ho previsto un budget per rendere le imprese degli altri più redditizie: già far quadrare i miei bilanci non è cosa da poco, vista anche questa recente tendenza a far passare lo “sfruttamento” come “un'incredibile opportunità”.
Il mio sostegno lo garantisco volentieri quando posso, attraverso piccole donazioni ad organizzazioni che ritengo di voler aiutare o semplicemente offrendo un pranzo ad un senzatetto. Vi assicuro inoltre che quando lavoro per onlus e associazioni, lo faccio a tassi agevolati. Penso di essere una persona onesta, generosa e gentile, ma mi sento di non fare l'elemosina a degli accattoni stipendiati che mi chiedono di riempirgli le tasche con soldi a manciate. Mi fanno incazzare. Specialmente quando mi insultano dicendo che si, il mio è proprio un bel lavoro, però non lo pagherebbero un cent.
Ho avuto delle conversazioni esilaranti con un sacco di gente che, a quanto pare, pensa che delle buone immagini siano solo il frutto di circostanze fortunate e che dunque sia loro diritto averle a costo zero, semplicemente perché gli elettroni non hanno ancora un preciso valore di mercato. Come la volta in cui incontrai la manager di un'importante organizzazione inglese (con un utile dichiarato di oltre 3 milioni di sterline). La signora mi spiegava quanto tenesse a pubblicare più foto possibile sul sito internet del gruppo di cui era a capo: i visitatori le trovavano infatti più efficaci ed immediate dei testi (prodotti per altro da uno specifico team di scrittori retribuiti). Dunque l'importanza delle foto era fuori discussione. Ma, forse, sarebbe stato anche il caso di pagarle: magari usando una parte del budget annuo di 160.000 sterline che la suddetta organizzazione destinava ai contenuti web (di nuovo, ho controllato le cifre dichiarate, disponibili online). La signora proprio non riusciva a capire che la foto che aveva davanti e che avrebbe tanto voluto pubblicare esisteva solo perché io avevo investito tempo, denaro e lavoro nel crearla. “Ma tutti i fotografi di solito sono ben felici di lasciarci pubblicare le loro immagini gratuitamente” mi spiegava. Non credo proprio lo siano, probabilmente hanno solo omesso di dare un'occhiata alle solite cifre che dicevo sopra: se lo avessero fatto si sarebbero accorti che lei guadagnava qualcosa come 66.000 sterline l'anno (circa €74.000 al cambio attuale, ndr) – giusto qualche soldo in più della retribuzione zero che invece offriva in cambio delle immagini.
E' chiaro che soltanto i fotografi amatoriali possono permettersi di fornire servizi senza ricevere un compenso: la fotografia non è per loro una fonte di reddito. Fanno altri lavori, hanno una pensione, guadagnano in altro modo, sono dei romantici con tendenze suicide – non mi interessa. Io no. L'atteggiamento di far guerra ai professionisti per farsi belli è profondamente egoista e ha conseguenze disastrose: distrugge la fotografia come mestiere, come rispettabile fonte di guadagno per la vita.
Ecco, questa è gente vanitosa e piena di sé e davvero si accontenta di lavorare in cambio del proprio nome scritto accanto ad un'immagine: se è tutto ciò che avete da offrire, chiamate pure uno di loro. In alternativa, avete a disposizione una folta schiera di studenti e neolaureati da sfruttare – sono disperati ed inesperti, vi consiglio di cogliere al volo la ghiotta occasione di risparmiare qualche soldo e peggiorare di un altro po' le loro già precarie condizioni economiche.
Tutto questo significa che forse non riuscirete a procurarvi le immagini che volete a costo zero? Beh, benvenuti nel mondo, è dura. A me non danno certo macchine fotografiche, computer, programmi, benzina, una casa e da mangiare senza spendere un euro. La fotografia è facile ed economica no? Allora prendete una macchina fotografica e scattatevele da soli le vostre stupide foto.
E se dopo aver letto vi sentite offesi, probabilmente è perché almeno una volta, ci avete provato anche voi.
Re: Il fotografo come professione
L'autore del pezzo ha in parte ragione soprattutto quando parla dei suoi rapporti con i potenziali clienti tirchi e ignoranti di fotografia.
Però ha una visione limitata, retrograda e un po' paranoica del problema. Vorrebbe tornare ad un mondo fotograficamente idilliaco in cui i professionisti campano scattando e vendendo buone foto ed i dilettanti si limitano alle foto di famiglia e delle vacanze. Non è più così da quando il digitale ha sostituito l'analogico e la fotografia è diventata alla portata di miliardi di amatori. A parte pochi mostri sacri (Scianna e Toscani per fare due nomi a caso italiani) che avranno sempre un ricco mercato per le loro opere, il fotografo professionista dovrà lottare sempre più duramente per competere nel mercato fotografico. Ed è del tutto inutile insultare e recriminare. Piuttosto si adatti a diversificarsi e specializzarsi in campi difficili per il dilettante (ad es. al fotografia di moda?).
Non ha senso competere con la massa di migliaia di fotografi occasionali per coprire e lucrare sulle foto di eventi catastrofici e non. Meglio ad es. cercare servizi esclusivi su luoghi e persone di solito off limits. Basta farsi un giro sui siti di stock photo per capire che su certi temi fotografici il professionista ha tutto da perdere se entra in competizione con migliaia di ottimi dilettanti evoluti.
Per chiarire faccio un esempio per analogia. Ai primi del '900 in Europa era fiorente l'industria di migliaia di piccole imprese nel campo della lavorazione della seta (=analogico). Con la scoperta e la commercializzazione delle fibre sintetiche cioé il rayon e il nylon (=digitale) la maggior parte di queste imprese fallirono nel giro di pochi mesi. Si salvarono solo i pochi che capirono di doversi immediatamente specializzare per produrre oggetti in seta destinati ad una clientela facoltosa e snob.
Però ha una visione limitata, retrograda e un po' paranoica del problema. Vorrebbe tornare ad un mondo fotograficamente idilliaco in cui i professionisti campano scattando e vendendo buone foto ed i dilettanti si limitano alle foto di famiglia e delle vacanze. Non è più così da quando il digitale ha sostituito l'analogico e la fotografia è diventata alla portata di miliardi di amatori. A parte pochi mostri sacri (Scianna e Toscani per fare due nomi a caso italiani) che avranno sempre un ricco mercato per le loro opere, il fotografo professionista dovrà lottare sempre più duramente per competere nel mercato fotografico. Ed è del tutto inutile insultare e recriminare. Piuttosto si adatti a diversificarsi e specializzarsi in campi difficili per il dilettante (ad es. al fotografia di moda?).
Non ha senso competere con la massa di migliaia di fotografi occasionali per coprire e lucrare sulle foto di eventi catastrofici e non. Meglio ad es. cercare servizi esclusivi su luoghi e persone di solito off limits. Basta farsi un giro sui siti di stock photo per capire che su certi temi fotografici il professionista ha tutto da perdere se entra in competizione con migliaia di ottimi dilettanti evoluti.
Per chiarire faccio un esempio per analogia. Ai primi del '900 in Europa era fiorente l'industria di migliaia di piccole imprese nel campo della lavorazione della seta (=analogico). Con la scoperta e la commercializzazione delle fibre sintetiche cioé il rayon e il nylon (=digitale) la maggior parte di queste imprese fallirono nel giro di pochi mesi. Si salvarono solo i pochi che capirono di doversi immediatamente specializzare per produrre oggetti in seta destinati ad una clientela facoltosa e snob.
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