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WERNER BISCHOF RETROSPETTIVA
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WERNER BISCHOF RETROSPETTIVA
WERNER BISCHOF. RETROSPETTIVA
Dal 20 settembre 2013 al 16 febbraio 2014 la città di Torino ospita una retrospettiva di grande impatto sociale dedicata a uno dei più importanti fotoreporter del XX secolo; dopo Henri Cartier-Bresson e Robert Capa, a Palazzo Reale un altro grande maestro della fotografia: Werner Bischof.
L’esposizione, organizzata dalla casa editrice d’arte Silvana Editoriale in collaborazione con l’agenzia fotografica Magnum Photos e la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte, è l’occasione per far conoscere a un vasto pubblico un artista della fotografia – come lo stesso Bischof amava definirsi – che, per la profonda empatia con i soggetti ritratti e la repulsione per il sensazionalismo, fu definito dalla critica mondiale “il fotoreporter umanista”.
Il percorso espositivo si compone di 105 fotografie in bianco e nero, divise in 7 sezioni che illustrano l’intensa e fulminea carriera del fotografo svizzero.
Werner Bischof nasce a Zurigo nel 1916; all’età di 16 anni inizia a frequentare la scuola d’arte della città dove entra in contatto con il fotografo Hans Finsler, legato alla corrente della Nuova Oggettività.
Alla fine della seconda guerra mondiale, nell’autunno del ’45, intraprende un viaggio nell’Europa devastata dal conflitto: attraversa la Germania, la Francia e l’Olanda rimanendone profondamente segnato, tanto da abbandonare la fotografia patinata per dedicarsi interamente al fotogiornalismo e all’osservazione documentaristica della realtà.
Nel 1949 entra a far parte dell’appena nata agenzia Magnum Photos, per la quale lavora in qualità di fotoreporter in giro per il mondo. Nel 1951 arriva finalmente a riscuotere il suo primo successo internazionale con il reportage sulla carestia nella regione indiana del Bihar, per conto della rivista americana “Vogue”.
A soli 38 anni, nel 1954, perde la vita in un incidente automobilistico sulle Ande peruviane. Celebre la fotografia con il ragazzo che suona il flauto, scattata nei pressi di Cuzco, pochi giorni prima della sua morte.
I suoi scatti colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza, per l’empatia e l’umanità che riescono a comunicare: fotografie che sono entrate in maniera indelebile nell’immaginario del Novecento.
Dal 20 settembre 2013 al 16 febbraio 2014 la città di Torino ospita una retrospettiva di grande impatto sociale dedicata a uno dei più importanti fotoreporter del XX secolo; dopo Henri Cartier-Bresson e Robert Capa, a Palazzo Reale un altro grande maestro della fotografia: Werner Bischof.
L’esposizione, organizzata dalla casa editrice d’arte Silvana Editoriale in collaborazione con l’agenzia fotografica Magnum Photos e la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte, è l’occasione per far conoscere a un vasto pubblico un artista della fotografia – come lo stesso Bischof amava definirsi – che, per la profonda empatia con i soggetti ritratti e la repulsione per il sensazionalismo, fu definito dalla critica mondiale “il fotoreporter umanista”.
Il percorso espositivo si compone di 105 fotografie in bianco e nero, divise in 7 sezioni che illustrano l’intensa e fulminea carriera del fotografo svizzero.
Werner Bischof nasce a Zurigo nel 1916; all’età di 16 anni inizia a frequentare la scuola d’arte della città dove entra in contatto con il fotografo Hans Finsler, legato alla corrente della Nuova Oggettività.
Alla fine della seconda guerra mondiale, nell’autunno del ’45, intraprende un viaggio nell’Europa devastata dal conflitto: attraversa la Germania, la Francia e l’Olanda rimanendone profondamente segnato, tanto da abbandonare la fotografia patinata per dedicarsi interamente al fotogiornalismo e all’osservazione documentaristica della realtà.
Nel 1949 entra a far parte dell’appena nata agenzia Magnum Photos, per la quale lavora in qualità di fotoreporter in giro per il mondo. Nel 1951 arriva finalmente a riscuotere il suo primo successo internazionale con il reportage sulla carestia nella regione indiana del Bihar, per conto della rivista americana “Vogue”.
A soli 38 anni, nel 1954, perde la vita in un incidente automobilistico sulle Ande peruviane. Celebre la fotografia con il ragazzo che suona il flauto, scattata nei pressi di Cuzco, pochi giorni prima della sua morte.
I suoi scatti colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza, per l’empatia e l’umanità che riescono a comunicare: fotografie che sono entrate in maniera indelebile nell’immaginario del Novecento.
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